Terapie Intravitreali

Numerosi farmaci possono essere iniettati all’interno dell’occhio per il trattamento di alcune malattie retiniche e maculari.

Terapie Intravitreali

Le iniezioni intravitreali si riferiscono all’introduzione di un determinato farmaco con un ago, che attraversando la sclera, la parete esterna bianca dell’occhio, riversa il contenuto della siringa nella cavità oculare interna riempita dal corpo vitreo. Le iniezioni intravitreali si differenziano da quelle peri-oculari, dove i farmaci sono distribuiti intorno all’occhio.

I farmaci intravitreali di uso piu’ comune sono oggi il Lucentis e l’Avastin, ma anche alcuni derivati corticosteroidei come il triamcinolone e il desametazone.

Queste medicine hanno un ruolo importante nella gestione di malattie come la degenerazione maculare senile, la retinopatia diabetica, le occlusioni vascolari le retiniche, il glaucoma neovascolare e altre caratterizzate comunque o dalla presenza di edema o di neovascolarizzazione.

Il Lucentis e l’Avastin sono farmaci anti-VEGF, con proprietà anti-angiogenetiche e anti-edemigene. Il VEGF, o fattore di crescita delle cellule endoteliali vascolari, è una molecola molto importante nella regolazione dei capillari sanguigni. La sua presenza è fondamentale per permettere un corretto sviluppo della vascolarizzazione corporea. Tuttavia, in alcune malattie, particolarmente in quelle caratterizzate da un danno ischemico, il VEGF è prodotto in eccesso. La conseguenza di questa iper-produzione è spesso una crescita anomala di nuovi vasi sanguigni o lo stravaso di fluido dai capillari.

Malattie come la degenerazione maculare senile umida e la retinopatia diabetica ne sono il tipico esempio.

Per questo, farmaci che ostacolino il VEGF trovano un largo impiego in queste patologie.

Il Lucentis e l’Avastin sono due farmaci molto simili.

L’Avastin, nome commerciale del Bevacizumab, è un farmaco inizialmente ideato per la cura del cancro del colon-retto.  Nella cura dei tumori è iniettato endovena. L’utilizzo in campo oculare di questa medicina è iniziato a seguito delle osservazioni dei positivi effetti visivi che si ottenevano con l’uso di questo farmaco nei pazienti affetti da tumore e contemporaneamente da una delle malattie oculari sopraelencate.

Il passaggio dalla somministrazione endovena a quella endovitreale è stato poi obbligato dal fatto che la via sistemica (endovena) comportava un maggior numero di effetti collaterali.

Il Lucentis, nome commerciale del Ranibizumab, è invece un farmaco studiato specificamente per l’uso oculare. Da un punto di vista strutturale tuttavia, Il Lucentis non è altro che un frammento dell’Avastin, modificato per renderlo (piu’) adatto alla somministrazione oculare. Caratteristiche del Lucentis rispetto all’Avastin sono una maggior affinità per il VEGF e una migliore penetrazione oculare. E un costo notevolmente piu’ alto (1000 euro contro 20 per iniezione).

L’efficacia dei due farmaci sembra essere molto simile.

Sono stati pubblicati su Ophthalmology i risultati a 2 anni di uno studio di confronto tra Avastin e Lucentis nella terapia della degenerazione maculare senile. Tale studio, condotto su 1200 pazienti, è stato finanziato dal National Eye Institute negli USA, un organo governativo (quindi utilizzando soldi pubblici) (le aziende farmaceutiche non avrebbero alcun interesse a finanziare uno studio del genere).

I risultati principali dello studio sono:

  • Avastin e Lucentis hanno effetti equivalenti sull’acuità visiva
  • la somministrazione “al bisogno” è sostanzialmente efficace quanto il trattamento mensile
  • durante il secondo anno, i pazienti trattati con Avastin al bisogno hanno richiesto in media 6.8 iniezioni mentre quelli trattati con Lucentis al bisogno hanno richiesto in media 5.7 iniezioni; in pratica una iniezione in più all’anno per i pazienti trattati con Avastin
  • nei pazienti trattati con Avastin si osserva un minor riassorbimento del liquido maculare ed un aumento dell’area della lesione rispetto a quelli trattati con Lucentis senza che questa differenza incida sull’acuità visiva
  • nei pazienti trattati con Lucentis si rileva una maggiore tendenza allo sviluppo di atrofia geografica
  • la proporzione di eventi vascolari sistemici è risultata estremamente bassa per entrambi i farmaci; nessuno studio di confronto può avere una adeguata potenza statistica per rilevare differenze significative per eventi rari
  • l’incidenza di uno o più eventi sistemici gravi è maggiore nel gruppo trattato con Avastin
  • per entrambi i farmaci si sono osservati più eventi avversi nei soggetti trattati “al bisogno” rispetto a quelli in trattamento mensile, per cui l’insorgenza di questi eventi non sembrerebbe dose-dipendente

l’incidenza di endoftalmite non risulta significativamente diversa tra i due farmaci.

La Procedura

Terapie Intravitreali

Un’iniezione intravitreale non si discosta molto da un’iniezione praticata in qualsiasi altra parte dell’occhio. Questa procedura non è scevra da rischi, in particolare vi è, nei casi in cui siano state osservate tutte le opportune precauzioni, un rischio di endoftalmite in 4 casi su 1000. Pertanto le iniezioni intravitreali vanno necessariamente eseguite in sala operatoria rispettando tutti gli standard di sterilità che qualunque intervento chirurgico oculare richiede (vedi e link a linee guida SOI sulle iniezioni intravitreali).

Il viso del paziente è coperto da un telo monouso con un’apertura per l’occhio. Le palpebre sono aperte da un piccolo divaricatore, il blefarostato. L’occhio, previa anestesia topica, è disinfettato con iodo-povidone, un liquido in grado di uccidere tutti i germi in pochi secondi. A seguito di una seconda dose di anestetico locale, il chirurgo da una siringa con ago molto piccolo (27 gauge) inietta una quantità minima di farmaco (di solito 0,05-0,1 cc) all’interno dell’occhio.

La puntura è eseguita nella sclera, la parte bianca dell’occhio, a circa 3,5-4 mm dalla cornea, direttamente nella cavità vitreale.

A fine procedura, l’occhio è nuovamente disinfettato e medicato con antibiotico.

La procedura non è particolarmente dolorosa, se l’anestetico è usato correttamente e per il tempo necessario.  Dopo l’iniezione è possibile avvertire con delle mosche volanti all’interno del campo visivo che scompaiono in genere dopo qualche ora. Nel punto d’iniezione potrà comparire una piccola emorragia.

In genere, gia’ il giorno dopo, tutto torna alla normalità.

La procedura per se è molto sicura, se fatta correttamente. E’ possibile che l’ago tocchi il cristallino o la lente con conseguente distacco di retina o cataratta, ma sono evenienze davvero rare e legate a un’estrema imperizia chirurgica.

Terapie Intravitreali

Il Lucentis e l’Avastin sono medicine molto sicure con scarsi o nulli rischi sia per l’occhio sia per la salute generale.

I farmaci corticosteroidei invece, come il triamcinolone, il desametazone e il fluocinolone, possono portare allo sviluppo di glaucoma (30%) e cataratta (80-100%). Il loro utilizzo va, infatti, considerato con cautela.

Comune a tutti i farmaci è invece il rischio d’infezione. L’endoftalmite è, infatti, una potenziale complicanza di queste procedure, benché rarissima (una su diverse migliaia di casi).



Prognosi


L’efficacia delle iniezioni intravitreali dipende dal tipo di malattia trattata e dal grado di avanzamento della malattia stessa.

Per quanto riguarda la degenerazione senile, Lucentis è stato il primo farmaco a essersi dimostrato efficace nel migliorare l’acuità  visiva nei pazienti trattati.

Anche la terapia con Avastin è molto efficace nella degenerazione maculare cosi come nel diabete e nelle altre malattie prima elencate. Tuttavia, la mancanza di grandi studi, non ci consente ancora d affermare l’equivalenza dell’Avastin rispetto al Lucentis.

Il problema comune a tutte queste terapie è però la breve durata.

L’efficacia di azione del farmaco dentro l’occhio è, infatti, limitata.

Sia Lucentis sia Avastin agiscono all’incirca per un mese, al termine del quale devono essere nuovamente iniettati.

Le iniezioni sono in genere ripetute fino al regredire della patologia, o fino alla perdita di efficacia.

A fine 2012 è stato approvato dalla Commissione Europea l’EYLEA (soluzione di aflibercept per iniezione intravitreale) per la terapia della DMLE umida. Si tratta di un frammento Fc di IgG umana unito a 2 recettori di citochine. Rispetto all’Avastin ed al Lucentis l’Eylea:

  •        ha affinità oltre che verso il VEGF anche verso il PlGF (placental growth factor) che è un altro fattore di crescita capace di stimolare la neovascolarizzazione
  •        ha affinità di legame col VEGF circa 10 volte superiore al bevacizumab
  •     l’efficacia clinica dell’Eylea somministrato ogni 2 mesi è paragonabile a quella del Lucentis somministrato ogni mese

In definitiva possiamo dire che l’uso dell’Eylea consente di effettuare un minor numero di iniezioni intravitreali rispetto al Lucentis, ma soprattutto va considerata l’efficacia di questo farmaco nei soggetti non responders, cioè quei pazienti che hanno una scarsa risposta anatomica e funzionale agli anti-VEGF ma il cui visus ancora buono giustifica un insistenza da parte dell’oculista nel ricercare nuove vie terapeutiche.

tratto e modificato da Givre

 

 

Linee guida per l’iniezione intravitreale di farmaci approvate dalla società oftalmologica italiana

 

L’iniezione intravitreale di farmaci si propone quale atto chirurgico innovativo della gestione di alcune patologie oculari molto diffuse che presentano attualmente grande difficoltà di cura . E’ quindi utile,come per tutte le terapie innovative che comprendano anche utilizzi off label proporre protocolli di riferimento per meglio standardizzare le tecniche di applicazione evidenziando i rischi di complicanze e le soluzioni a tutela dei pazienti. Lo scopo di questo documento è di fornire alcuni percorsi al fine di ridurre i rischi e migliorare e standardizzare i risultati.

 

Preparazione del paziente:

 

  • Preoperatoria:

 

Valutazione controindicazioni sistemiche (ipertensione grave, stroke, infarto del miocardio)

 

Trattamento adeguato patologie oculari preesistenti (glaucoma, forme infettive)

 

Valutazione eventuali allergie a farmaci ed in particolare al Povidone-iodine

 

Consegnare al paziente il modulo di consenso informato SOI con congruo anticipo rispetto alla data d’intervento. Osservare le linee guida SOI inerenti il corretto utilizzo dei consensi infornati..

 

Raccogliere il consenso informato debitamente sottoscritto fornendo ogni eventuale ulteriore spiegazione richiesta

 

  • Postoperatoria:

 

Somministrare collirio antibiotico 4 volte al giorno per 5 giorni

 

Programmare i controlli successivi.

 

Fornire al paziente istruzioni complete sul comportamento postoperatorio invitandolo a contattare il Centro in caso di dubbi o necessità.

 

Fornire al paziente un recapito telefonico per le emergenze.

 

Tecnica operatoria:

 

L’iniezione intravitreale necessita di ambiente sterile con tutti i requisiti normalmente utilizzati per la chirurgia della cataratta, va quindi effettuata in locali idonei autorizzati per la chirurgia del segmento anteriore. Conseguentemente l’intera equipe chirurgica deve adeguarsi ai comportamenti di sala operatoria (tuta operatoria, scarpe, camice, guanti, cappellino, mascherina).

 

Si ricorda che in campo oftalmico è normale prassi effettuare registrazione video da microscopio chirurgico.

 

  • Pre-iniezione:

 

Pulizia della cute perioculare e periorbitaria con Povidone-iodine al 10%. Utile ripeterla due volte a distanza di qualche minuto

 

Anestesia topica e midriasi con colliri monouso

 

  • Peri-iniezione:

 

Applicazione di Povidone-iodine al 5% a margini palpebrali, ciglia e congiuntiva bulbare, irrigazione dei fornici congiuntivali.

 

Applicazione di telino sterile con attenta cattura delle ciglia

 

Applicazione di blefarostato sterile

 

Applicazione di ulteriori gocce di Povidone-iodine sul sito di iniezione

 

Lavaggio delicato del Povidone-iodine dai fornici congiuntivali e dalla congiuntiva bulbare

 

?Ogni componente utilizzata per eseguire iniezioni intravitreali deve essere monouso o sterilizzata tramite autoclave.

 

  • Iniezione:

 

Spostare la congiuntiva con asciughino imbevuto di Povidone-iodine

 

Utilizzare solo siringhe con blocco di sicurezza per ottenere un perfetta tenuta dell’ago ed impedire complicazioni.

 

L’iniezione intravitreale viene normalmente eseguita via pars plana, nel quadrante inferotemporale a circa 4 mm posteriormente al limbus negli occhi fachici e a circa 3.5 mm negli occhi pseudofachici.

 

     In ogni caso il range di utilizzo è compreso tra 3,5 e 4 mm dal limbus.

 

E’ consigliabile utilizzare ago da 27G -30G

 

Inserire l’ago fino al centro del bulbo ed eseguire una iniezione moderatamente lenta nella cavità vitreale .

 

Estrarre delicatamente l’ago dal bulbo e tamponare immediatamente il sito di iniezione con asciughino imbevuto di Povidone-iodine per evitare il reflusso del farmaco e la fuoriuscita di vitreo

 

  • Post-iniezione:

 

Controllare la pressione intraoculare

 

Valutare la distribuzione del farmaco

 

Valutare l’assenza di lesioni retiniche, distacco di retina ed emorragie intraoculari

 

Medicazione con collirio antibiotico

 

Pucker e fori maculari

Il Foro maculare è una patologia retinica caratterizzata dalla formazione di una soluzione di continuo, un foro appunto, proprio al centro della macula, di solito nella fovea.



Come si presenta un foro maculare in una paziente di 61 anni

Sintomi


I sintomi di un foro maculare non sono diversi da quelli di altre affezioni coinvolgenti la parte centrale della retina: diminuzione e distorsione della visione con eventuale presenza di uno scotoma centrale, in altre parole di una piccola area cieca proprio al centro del campo visivo dove le lettere di uno scritto sembrano improvvisamente scomparire.

Cause
L’occhio funziona piu’ o meno come una macchina fotografica nella cui porzione posteriore si trova una pellicola, la retina.
La retina è composta di un sottilissimo strato di cellule e fibre nervose, che lavorano per portare l’informazione visiva al cervello.
Non tutte le cellule retiniche funzionano allo stesso modo. Solo quelle contenute nella parte centrale, la macula, sono sufficientemente sensibili per consentire le azioni piu’ fini e dettagliate del vedere, cioè leggere, guardare la televisione o guidare.
La macula è un’area molto piccola, la cui parte centrale, a sua volta chiamata fovea, non è piu’ grande della capocchia di uno spillo.
Tuttavia l’integrità’ della macula, e in particolar modo della fovea è fondamentale per la vista.  Lesioni di questa parte della retina comportano la perdita della parte centrale del campo visivo.

foro maculare napoli
Per mantenere la sua forma globosa, la porzione centrale dell’occhio è riempita di una sostanza gelatinosa, denominata vitreo, aderente alla superficie retinica. Alla nascita e durante i primi anni di vita, il vitreo ha una consistenza piuttosto compatta, formato da un saldo legame fra le fibrille di cui è composto e l’acqua.
Con l’invecchiamento, si assiste tuttavia a un progressivo processo di liquefazione del corpo vitreo.
Le fibrille si liberano dai legami con l’acqua e si contraggono in avanti mentre all’interno si formano piano piano sacche di liquido. Quando le sacche di liquido confluiscono, finiscono per staccare la corteccia vitreale, un tempo adesa alla retina.
Il vitreo va immaginato come un elastico che dalla parte anteriore dell’occhio, va ad attaccarsi alla retina e in particolar modo al nervo ottico e alla macula. Quando si parla di distacco posteriore del vitreo, si puo’ immaginare l’elastico che perde la sua aderenza a livello posteriore e rimane libero di galleggiare all’interno dell’occhio.
Nella maggior parte dei casi la separazione del vitreo dalla retina non comporta particolari problemi. A volte il paziente puo’ lamentare la comparsa delle cosiddette mosche volanti, senza tuttavia alcuna diminuzione visiva.
In alcuni individui tuttavia, il vitreo presenta delle caratteristiche di adesione retinica piu’ tenaci. Invece di staccarsi produce una trazione continua sulla retina e in particolar modo sulla macula, nel caso del foro maculare. Tornando all’esempio dell’elastico è come se esso, nello staccarsi dalla retina rimanesse attaccato a un piccolo pezzetto di macula, portandolo alla fine con sé. Questo processo, in maniera molto semplificata, da’ luogo al foro maculare.
La causa piu’ comune di foro maculare è degenerativa, cioè legata all’età’. Molto meno frequente è il foro maculare traumatico. Un trauma contusivo oculare, con accorciamento momentaneo dell’asse antero-posteriore dell’occhio puo’, infatti, portare alla formazione di un foro al centro della retina.

 
Diagnosi


La diagnosi di foro maculare è posta con il semplice esame del fondo oculare, previa dilatazione della pupilla. L’OCT è spesso d’aiuto nella diagnosi di questa patologia, aiutando a differenziare i fori maculari da altre affezioni.


Terapia

L’unica possibilità terapeutica del foro maculare è chirurgica, con la vitrectomia. La percentuale di guarigione spontanea è, infatti, molto bassa, e limitata agli stadi iniziali della patologia.
La vitrectomia è la procedura attraverso la quale si asporta il vitreo, causa del problema. Il razionale della chirurgia del foro maculare è, infatti, di rimuovere le trazioni che tengono aperti i lembi della soluzione di continuo consentendo alla retina di ripristinare la sua normale conformazione.
Oltre la vitrectomia, la rimozione quindi della trazione antero-posteriore, si procede al peeling (rimozione) della membrana limitante interna presente normalmente sulla superficie retinica ma causa nel foro maculare di una trazione tangenziale.

foro maculare 2
Alla fine della vitrectomia e del peeling s’inietta nella cavità vitreale dell’aria, o piu’ spesso un gas simile all’aria ma con proprietà’ di riassorbimento piu’ lente. Lo scopo è quello, infatti, di tenere i margini del foro piu’ asciutti possibile, per permettergli di chiudersi. Lasciare la cavità vitreale da subito ripiena di acqua non permetterebbe, infatti, il successo chirurgico giacché il liquido, incuneandosi al disotto dei lembi del foro, li terrebbe sollevati.
Dopo l’operazione è richiesto al paziente di attenersi a un determinato posizionamento per alcuni giorni. In passato si chiedeva di rimanere a faccia in giù per 2-3 settimane con immani disagi per il malato. Fortunatamente questo periodo si è ora fortemente ridotto a pochi giorni, e si dibatte sulla sua effettiva utilità’. In moti casi è richiesto semplicemente di rimanere in posizione seduta e non guardare in alto per 4-5 giorni.
In ogni caso sia l’aria sia il gas, si riassorbono spontaneamente dopo 1-2 settimane, rispettivamente, essendo sostituiti da umor acqueo prodotto autonomamente dall’occhio. A quel punto, il foro è già chiuso (nella maggior parte dei casi).


Prognosi


Il successo di questa chirurgia è elevato. Piu’ del 90% dei fori si chiude, infatti, dopo un solo intervento.
Il successo anatomico (chiusura del foro), non significa tuttavia sempre un paragonabile successo funzionale visivo. La vista, con la chiusura del foro, migliora, ma difficilmente torna alla normalità.
Fattori prognostici positivi sono la breve durata dei sintomi e quindi un intervento precoce, una vista iniziale elevata e l’età’ giovane del paziente.
In ogni caso è sempre meglio intervenite, che lasciare l’occhio al suo destino.
Inoltre, le nuove tecniche di chirurgia mini-invasiva, 23 e 25 gauge hanno reso la vitrectomia piu’ confortevole e sicura, grazie all’uso di strumenti sempre piu’ precisi, veloci ed efficaci.
Come tutte le procedure chirurgiche anche la vitrectomia per foro maculare non è scevra da complicanze. Queste includono, sebbene con basse percentuali di rischio, il distacco di retina e l’infezione.
La cataratta è invece di comune riscontro dopo qualsiasi vitrectomia e insorge molto spesso nell’arco di due anni dopo l’operazione.


Pucker maculare

Al fine di mantenere la sua conformazione e struttura, la porzione interna, centrale dell’occhio è riempita da una sostanza gelatinosa conosciuta come corpo vitreo, attaccato alla superficie retinica.
Alla nascita e durante i primi anni di vita, il vitreo ha una consistenza piuttosto solida, simile alla melassa. Tuttavia con il passare degli anni inizia a coartarsi e a condensarsi nella sua porzione anteriore, essendo progressivamente sostituito da liquido (acqua), e si stacca dalla superficie della retina, posteriormente. Nella maggior parte dei casi questo distacco posteriore, o separazione vitreale, accade senza alcun effetto negativo. Il paziente può avvertire le cosiddette mosche volanti, o miodesopsie, ma nessun rilevante danno alla vista.
In alcuni individui tuttavia, esistono aree dove il vitreo è più strettamente aderente alla retina, di conseguenza, come la condensazione e lo spostamento anteriore del vitreo, procedono, la retina può trovarsi sottoposta a trazione, con la formazione di danni microscopici della sua superficie.

Pucker Maculare Napoli

Quando danno e irritazione avvengono nella regione maculare, la parte centrale e più nobile, la retina stessa mette in moto un processo di cicatrizzazione, con mobilizzazione e migrazione di cellule lungo la sua superficie, nel tentativo di riparare l’area danneggiata.
Si viene a formare un sottile strato membranoso conosciuto come Pucker Maculare o membrana epiretinica o maculopatia cellophane.
Nella maggior parte dei casi, questo tentativo di riparazione che la retina adotta è lieve, con nessuno o scarso effetto negativo da parte del sottile strato cellulare che si forma, che può essere completamente trasparente e non produrre disturbi visivi.
In altri casi tuttavia, questo processo può essere eccessivo, con la formazione di una membrana opaca e spessa sulla superficie della macula.
 
Il processo è comunque molto lento, e può infine autolimitarsi e fermarsi, benché con il tempo le cellule che compongono la membrana possano iniziare a esibire proprietà’ contrattili e a deformare e pieghettare la membrana stessa.  Poiché il pucker è attaccato alla retina, anch’essa inizia a deformarsi, in associazione con la progressione della malattia.
Quando ciò avviene nella parte centrale critica per la visione, la macula, si possono avvertire i primi sintomi.
 
 
Sintomi


I sintomi di un pucker sono comuni a molte malattie retiniche e includono: distorsione delle linee o delle lettere durante la lettura, diminuzione della visione centrale per lontano e per vicino, distorsione e offuscamento delle immagini guardando la televisione.
Il paziente affetto da pucker maculare avverte una distorsione delle immagini, come potrebbe essere nell’esempio riportato nella fotografia di destra.

Pucker Maculare Napoli 2
Cause

Età, trattamento laser retinico, retinopatia diabetica, interventi chirurgici oculari.
 

Diagnosi


La diagnosi di pucker maculare può essere fatta esclusivamente da un oculista, mediante un esame del fondo dell’occhio, previa dilatazione della pupilla. Una Tomografia a Coerenza Ottica (OCT), esame moderno e non invasivo può aiutare nella diagnosi e fornire una quantificazione del problema. Infine una fluorangiografia retinica può essere raccomandata, soprattutto nei casi controversi, dove si sospetta l’esistenza di più patologie.


Terapia


Nella maggior parte dei pazienti nessun trattamento è necessario per la cura del pucker, poiché di solito la distorsione e la diminuzione visiva sono minime e tollerabili. In alcuni casi tuttavia, I sintomi possono essere importanti e invalidanti, con problemi alla lettura o alla guida. Di conseguenza in queste condizioni diviene opportuno considerare l’intervento chirurgico, come anche nei casi in cui, pur essendo I sintomi ancora lievi, si sia dimostrata una tendenza alla progressione o una significativa alterazione della retina che lasci presagire un imminente peggioramento.
Il trattamento del pucker maculare e delle membrane epiretiniche è chirurgico e consiste nella vitrectomia e nel peeling (asportazione) della membrana.

Pucker Maculare Napoli
Si praticano tre piccolissime aperture nella parte bianca dell’occhio e attraverso uno strumento che taglia e aspira, il vitrectomo, il vitreo è rimosso e continuamente sostituito da un fluido molto simile a quello normalmente prodotto dalle cellule dell’occhio. Con molta attenzione ogni residua aderenza vitreale sulla macula è eliminata. Con una microscopica pinza la membrana viene poi “pelata” via dalla retina, previa o meno colorazione della stessa per aumentarne la visibilità. Il chirurgo alla fine dell’intervento, ispeziona attentamente tutta la retina alla ricerca di eventuali rotture o distacchi retinici associati al pucker o causati dall’intervento stesso. Se si trova una rottura, questa è trattata con il laser o con il crio (trattamento a freddo) che ne indurranno la chiusura.  Il fluido all’interno dell’occhio è sostituito con aria o gas, che allora volta saranno assorbiti spontaneamente e nuovamente sostituiti dal normale fluido oculare nel corso di una o due settimane.

 
L’intervento è tipicamente effettuato in anestesia locale (iniezione vicina all’occhio) e non richiede intervento. Il giorno successivo l’intervento, il paziente operato è sottoposto a un normale controllo postoperatorio, per spiegare la terapia a base di colliri e per verificare che non ci siano infezioni e che la pressione oculare sia normale. In seguito sarà sottoposto ad altri controlli per 3-4 mesi al termine dei quali il processo di guarigione potrà considerarsi terminato, salvo complicazioni.
Come per ogni intervento chirurgico, esistono potenziali complicazioni alla vitrectomia ed effetti collaterali. Il principale rischio (1-5%) è di sviluppare un distacco di retina, che richiederà necessariamente un secondo intervento. Nei pazienti poi, non già sottoposti a intervento di cataratta, si assisterà probabilmente nel giro di 1-5 anni all’insorgenza della stessa. Anche in questi casi si dovrà ricorrere alla chirurgia con la sostituzione del cristallino con una lente artificiale trasparente.

Prognosi


Il recupero dopo l’intervento è variabile, e dipende fondamentalmente dal grado di compromissione della retina prima della chirurgia. L’obiettivo terapeutico è, infatti, innanzitutto quello di stabilizzare la situazione, onde evitare un ulteriore peggioramento visivo. Più la vista è buona prima dell’intervento, più alta sarà la possibilità di miglioramento. In ogni caso il recupero visivo non potrà definirsi completo prima di 10-12 settimane.

Femto Cataratta

Femtocataratta

L’ultima evoluzione nel campo della chirurgia della cataratta è l’uso del laser a femtosecondi. Si tratta di un laser con una lunghezza d’onda nel vicino infrarosso che utilizza impulsi di dimensioni infinitamente piccoli e della durata molto breve (un femtosecondo è pari ad un milionesimo di miliardesimo di secondo); il laser viene gestito da un computer che ci consente di eseguire delle incisioni di una precisione estrema. Tutto ciò si traduce in un intervento molto più sicuro e preciso in alcune fasi fondamentali dell’intervento.

Queste fasi sono:


La capsuloressi, cioè l’incisione della capsula anteriore del cristallino la cui forma, dimensione e centratura sono fondamentali ai fini di un corretto alloggiamento del cristallino artificiale nel sacco capsulare. Una lieve inclinazione del cristallino, soprattutto dei cristallini ad alta tecnologia o lenti PREMIUM come le lenti toriche e le multifocali, può determinare delle aberrazioni e più in generale dei fastidi alla visione che talvolta hanno imposto addirittura la rimozione della lente.

Femtocataratta Capsuloressi
 
La frammentazione del nucleo. Ciò consente una riduzione dell’energia necessaria all’estrazione della cataratta col facoemulsificatore il che si traduce in un insulto molto minore ai tessuti oculari circostanti ed in particolare alla cornea. 

femtocataratta frammentazione del nucleo
 
Le incisioni corneali di accesso. Queste possono essere programmate della lunghezza e larghezza desiderate; la loro perfetta esecuzione consente una maggiore tenuta e, quindi, un minor rischio di endoftalmite postoperatoria nonché una minore influenza sull’astigmatismo post-operatorio.

Femtocataratta incisione corneali di accesso 
 
Il laser a femtosecondi quindi consente di migliorare la precisione della chirurgia della cataratta prima eseguita totalmente manualmente . In uno studio presentato al congresso mondiale di oftalmologia lo scorso anno è stata confrontata la chirurgia manuale della cataratta con quella assistita da femtolaser . Lo studio riguardava in particolare:
▪    la forma della capsuloressi
▪    le sue dimensioni
▪    la sua centratura
▪    la quantità di energia necessaria per frammentare la cataratta


In tutti questi punti la chirurgia con femtolaser si è dimostrata nettamente superiore a quella manuale.
Altra opportunità che ci offre il femtolaser è quella di eseguire delle incisioni corneali arcuate per eliminare in maniera molto precisa gli astigmatismi corneali ed in particolare quelli irregolari conseguenti a trapianti di cornea.
In definitiva possiamo dire che questa tecnica rappresenta sicuramente una evoluzione importante nella chirurgia della cataratta destinata a diventare la tecnica di scelta nella chirurgia della cataratta “di qualità” anche se la sua diffusione attualmente è limitata dai costi notevoli della strumentazione.


Un laser a femtosecondi è ora disponibile presso la struttura dove opera il dott. Avvisati, la Clinica Mediterranea di Napoli.

Distacco di retina

Per distacco di retina s’intende la separazione del tessuto nervoso fotosensibile, che consente all’occhio di percepire immagini e colori, dalla parete posteriore dell’occhio.
Il distacco di retina è sempre un evento molto grave per l’occhio e per la vista, tanto più grave quanto più estesa è la parte distaccata.

Distacco Retina Napoli

Patogenesi del distacco di Retina

Bisogna immaginare la parte interna dell’occhio come una piscina, e la retina come il tappeto azzurro che la riveste per intero. Bisogna inoltre immaginare che all’interno della piscina invece dell’acqua ci sia una sorta di gel appiccicoso. Il gel (il corpo vitreo dell’occhio) è tenacemente attaccato solo al bordo della piscina, mentre lo è più debolmente al resto del tappeto azzurro.  Con il passare degli anni il gel vitreale va incontro a una progressiva degenerazione che lo porta nel tempo a liquefarsi. Ecco il perché delle cosiddette mosche volanti (miodesopsie) che molte persone percepiscono. Questa trasformazione porta il gel a distaccarsi dal tappeto azzurro (dalla retina), rimanendo attaccato solo al bordo. Questo è un evento fisiologico, che accade in sostanza a chiunque alla fine nella vita.
In alcuni casi tuttavia, accade che il distacco del gel appiccicoso dalla parte posteriore della retina non sia completo, ma che una piccola parte di esso rimanga strettamente attaccata in un punto del tappeto azzurro (retina), di solito vicino al bordo, ma ben distinto da esso. S’immaginino i movimenti della testa e del corpo come un terremoto che si abbatta sulla piscina. Il gel messo violentemente in movimento dal terremoto e fortemente attaccato in un punto del tappeto oltre che sul bordo, produce inevitabilmente delle trazioni sul punto stesso, che in ultima analisi può rompersi con la formazione di una rottura. A questo punto l’acqua all’interno della piscina può insinuarsi dietro al tappeto e distaccarlo più o meno estesamente.

distacco retina napoli 2

Sintomi

La sintomatologia del distacco di retina comprende la scomparsa o l’offuscamento di una porzione piu’o meno estesa del campo visivo. Quando anche la parte centrale del campo visivo è offuscata, significa che il distacco ha coinvolto la macula, la parte piu’ nobile della retina. In questi casi la prognosi è più grave e minore il recupero visivo dopo la chirurgia. A volte un distacco di retina è preceduto dalla comparsa improvvisa di flash di luce (fotopsie), spie di una trazione da parte del corpo vitreo sulla retina, con creazione di una rottura retinica. Nella maggior parte dei casi il distacco di retina è infatti causato da una rottura retinica, conseguenza del distacco posteriore del vitreo. La miopia elevata, l’intervento chirurgico per l’estrazione della cataratta e i traumi aumentano il rischio di un distacco di retina. Nel caso di un distacco di retina, o della comparsa dei sintomi sopraelencati è fondamentale recarsi immediatamente dall’oculista, che con un esame del fondo dell’occhio potrà rendersi conto della situazione e attuare le strategie terapeutiche piu’opportune.

Cause
L’occhio è riempito nella sua parte centrale da un gel trasparente, il vitreo, strettamente adeso alla superficie retinica. Nel corso degli anni il vitreo va normalmente incontro a una progressiva liquefazione, e alla fine perde il contatto con la retina.

Solitamente quando il vitreo si distacca dalla retina non causa alcun disturbo, se non a volte la comparsa delle cosiddette mosche volanti, o corpi mobili vitreali.  A volte distaccandosi, il vitreo tira sulla retina sufficientemente forte da formare una rottura in uno o più punti. In quel caso, il fluido presente all’interno dell’occhio può insinuarsi dietro la rottura e sollevare la retina dalla parete posteriore dell’occhio, come se una carta da parati si staccasse da un muro. 

Le seguenti condizioni aumentano il rischio di avere un distacco retinico:
Miopia; 
Precedente chirurgia della cataratta;
Trauma oculare severo;
Distacco di retina nell’altro occhio;
Storia familiare di distacco di retina;
Degenerazioni retiniche diagnosticabili mediante l’esame del fondo.

Terapia
La terapia del distacco di retina è chirurgica e si basa sul rilascio della trazione vitreale (gel) sulla retina e nella chiusura della rottura causa del distacco.Esistono due tipi d’intervento:
  1. tradizionale dall’esterno
  2. con vitrectomia

L’intervento tradizionale consiste nell’apposizione di una “cintura con borchia” (cerchiaggio + piombaggio) all’esterno dell’occhio in modo tale che la parete esterna dell’occhio si ritrovi avvicinata alla retina distaccata, e questa a sua volta al gel vitreale in modo da rilasciare la trazione del gel stesso sulla rottura. La rottura non più sottoposta a trazione può allora chiudersi e del laser o del crio (trattamento a freddo) sono fatti attorno ad essa per impedirne la riapertura. Il liquido sottoretinico, responsabile del distacco, è drenato attraverso un buchino sulla parete esterna dell’occhio.

L'occhio prima e dopo la terapia
Vantaggi di questa tecnica sono la minor incidenza di complicanze infettive e di cataratta. Tuttavia non tutti i tipi di distacchi di retina possono essere curati in questo modo.
La vitrectomia è invece un intervento più moderno, eseguito direttamente all’interno dell’occhio praticando tre piccolissimi buchini nella parete esterna, per l’inserimento di altrettanti strumenti.
Con l’ausilio di uno strumento che taglia e aspira, il vitrectomo, il gel vitreale viene quasi completamente rimosso, eliminando la causa della rottura che non più sottoposta a trazione può quindi essere chiusa e sigillata anche in questo caso con un trattamento laser o criopessico (a freddo).

Al termine dell’intervento il liquido sottoretinico è attivamente aspirato dal chirurgo mentre aria o gas sono iniettati nell’occhio in modo da tenere la rottura asciutta per una o due settimane. Il paziente dovrà pertanto assumere una posizione particolare per qualche giorno in modo da permettere alla bolla di aria o gas di rimanere a contatto con la rottura il più a lungo possibile.
L’aria e il gas sono progressivamente riassorbiti in modo spontaneo e l’occhio stesso baderà a riempirsi nuovamente di acqua. Il vitreo non sarà più ricostituito, ma sarà appunto interamente sostituito dall’acqua.

Durante le settimane in cui l’occhio è ancora riempito di aria o gas, la vista sarà molto bassa, e migliorerà solo quando nuovamente riempito di acqua.
Al posto della rottura, in entrambi gli interventi, esiterà una cicatrice, che non inciderà tuttavia sulla vista poiché situata nella periferia della retina, e quindi del campo visivo.

Tutti gli interventi per distacco di retina, a meno di particolari condizioni o preferenze del paziente, possono essere eseguiti tranquillamente in anestesia locale, con un’iniezione vicina all’occhio e non richiedono ricovero. Il paziente, una volta operato, può andarsene comodamente a casa, e tornare il giorno dopo per i controlli post-operatori.




Prognosi
Attualmente, i risultati della chirurgia del distacco retinico sono molto buoni: il successo anatomico con un solo intervento è prevedibile nel 90% dei casi circa, e con due interventi in più del 95% dei casi circa.
Purtroppo a volte è necessario più di un intervento, a causa di processo abnorme di cicatrizzazione che l’occhio mette spontaneamente in moto: la proliferazione vitreo-retinica. In questo caso, membrane cicatriziali si formano sulla retina, inducendone nuovamente il distacco, per il cui trattamento è di solito necessario una vitrectomia con rimozione delle membrane e sostituzione del gel vitreale con olio di silicone, anziché con aria o gas. L’olio di silicone, tiene la retina attaccata per un tempo adeguato alla sua guarigione, ma richiede un altro intervento per essere rimosso.
Non è insolito, nei casi complicati da proliferazione vitreo-retinica, dover intervenire anche tre o quattro volte.

distacco retina napoli 3
Il recupero visivo dopo intervento di distacco di retina è variabile e dipende fondamentalmente dal coinvolgimento o meno della parte centrale della retina: la macula.
I distacchi cosiddetti macula-on (macula attaccata) sono delle vere e proprie emergenze chirurgiche da trattare entro ventiquattro ore, poiché il risultato della chirurgia è potenzialmente molto buono. Il paziente con distacco di retina ma con macula attaccata, se operato con successo, può continuare a vedere molto bene, senza in pratica nessun esito.
I distacchi macula–off (macula staccata), rappresentano al contrario delle emergenze differibili, nel senso che possono essere operati entro una settimana dall’esordio dei sintomi senza che la prognosi cambi. Tuttavia la prognosi è variabile e molto probabilmente la capacità di lettura sarà compromessa a vari livelli. Statisticamente un recupero del 50% della capacità discriminativa fine è raggiungibile nell’80% dei casi. Molto spesso la vista postoperatoria sarà compresa fra due e sette decimi (dieci sono la normalità).




Prevenzione

La prevenzione del distacco di retina si basa esclusivamente sull’educazione del paziente circa i sintomi di un distacco di retina e sul tempestivo trattamento laser ( o con il crio) delle rotture retiniche sintomatiche (accompagnate da flash e mosche volanti), che ancora non hanno portato a distacco.
Le rotture retiniche asintomatiche o le degenerazioni periferiche, scoperte casualmente durante una visita di controllo, non richiedono invece trattamento, salvo che nell’altro occhio non si sia verificato gia’ un distacco di retina.

Fonte Givre

Cataratta Lenti Premium

La cataratta è causata dalla progressiva opacizzazione di una lente, il cristallino, localizzata nella parte anteriore dell’occhio, dietro l’iride, la cui funzione è fondamentalmente la focalizzazione delle immagini provenienti da varie distanze sulla retina.

Anatomia cornea

Cause

La cataratta senile è la forma più comune, meno frequenti sono la cataratta secondaria a patologie quali il diabete o a terapie prolungata con farmaci come il cortisone, alcuni anti-depressivi, l’esposizione professionale o accidentale a radiazioni. La cataratta congenita è presente fin dalla nascita o poco dopo e se si pensa che sia di un’entità tale da ostacolare un corretto sviluppo della funzione visiva del piccolo paziente va immediatamente rimossa. La cataratta traumatica può svilupparsi immediatamente dopo un trauma o anche a distanza di anni e spesso offre numerose insidie nel corso dell’intervento chirurgico.

Dettaglio cristallino

Sintomi

  • Visione annebbiata
  • Alterazione della visione dei colori
  • Aloni intorno alle sorgenti luminose soprattutto nella visione notturna
  • Visione doppia 

Sintomi cataratta

Terapia

Non esiste una terapia medica efficace. Solo la chirurgia consente il conseguimento di risultati brillanti e molto soddisfacenti per il paziente.

Quando è giusto intervenire?

Fondamentalmente quando il deterioramento del visus è di ostacolo alla vita sociale, culturale, lavorativa del singolo paziente. Fanno eccezione a questa regola alcuni casi non frequenti in cui si impone invece un intervento (glaucoma acuto da cataratta ipermatura, uveite facoanafilattica, eccessiva durezza del nucleo del cristallino etc.).

La tecnica più diffusa attualmente è la facoemulsificazione della cataratta.

La tecnica consiste nel creare un’apertura nella parte anteriore della capsula trasparente che avvolge il cristallino e nel rimuovere la parte interna opaca con una sonda ad ultrasuoni.

Intervento cataratta

Dopo ciò si procede all’impianto del cristallino artificiale. Ve ne sono vari tipi; la maggior parte di quelli attualmente impiegati sono pieghevoli, il che consente, con l’ausilio di particolari iniettori, di introdurre una lente di 6 mm attraverso incisioni molto più piccole.

lenti premium cataratta

Accanto ai cristallini tradizionali monofocali che consentono una buona visione per lontano, ma il cui impianto non consente la focalizzazione per vicino nè l’eliminazione dell’astigmatismo, esistono attualmente dei cristallini Premium. Si tratta di ottiche altamente sofisticate che consentono di eliminare oltre che la miopia e l’ipermetropia, anche i problemi di presbiopia e/o di astigmatismo.

Tipologie lenti premium

La decisione sul tipo di impianto deve essere eseguita sulla base di esami strumentali specifici preoperatori che si avvalgono di attrezzature molto sofisticate ( tomografia corneale con valutazione della superfice corneale anteriore e posteriore, aberrometria, biometria ottica).

Studio Napoli

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